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viernes, 15 de noviembre de 2013

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La Russia va alla riconquista dell'Egitto



FIAMMA NIRENSTEIN :



A volte ritornano. Ed ecco dunque al Cairo il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e quello della difesa Serghei Shoigu. Firmano accordi, partecipano a parate. E’ la prima volta dalla storica mossa di Anwar Sadat che cacciò dall’Egitto gli “esperti” sovietici. Nel 1972 decise di levarseli di torno, memore della sventola che aveva preso nel ‘67 Nasser, il suo predecessore, la cui alleanza d’acciaio con il mondo comunista era stata coronata dal titolo di “Eroe dell’Unione Sovietica”. Dopo la guerra del ’73, perduta senza disonore, Sadat invitò Nixon e Kissinger al Cairo, e cambiò campo: all’ombra delle piramidi da allora si riposarono gli amici americani, la pace con Israele fu firmata a Camp David, e l’Egitto uscì dalla cupa alleanza sovietica divenendo il punto di riferimento arabo degli USA. Ma nessuna alleanza avrebbe potuto resistere alla incredibile politica mediorientale di Obama, e anche qui ecco che Putin vince uno a zero.

Con un sorriso astuto il ministro degli esteri egiziano Nabil Fahmy ha detto che non si vuole sostituire nessuno, che si tratta solo di riattivare un rapporto già esistente, normale amministrazione… ma non è vero. Le ragioni per cui l’Egitto del generale Abdel Fattah el Sisi accoglie i russi con manifesti sui muri e paginate su Al Ahram con le foto giganti di Putin, parlano di una giravolta in cui gli USA vengono scalzati. Obama fu lento con la rivoluzione contro Mubarak, senza capire che era definitiva; poi ha sostenuto, con una strategia molto miope, la Fratellanza Musulmana, fino a disapprovare la rivoluzione di Sisi e a tagliare il contributo al budget militare di un miliardo e mezzo di dollari. Adesso, anche se i tre quarti degli aerei da combattimento sono F16 made in USA, e il training militare lo conducono gli istruttori americani, pure si parla con insistenza del possibile acquisto di sistemi missilistici di difesa e di jet Mig 29, oltre a elicotteri da combattimento russi. Sisi cerca fondi e sta per lanciare un nuovo pacchetto di stimoli economici pompati dai miliardi dei Paesi del Golfo anti Fratellanza Musulmana. 

Obama ha sbagliato molte cose in Medio Oriente, la Russia è ormai ritenuta la mente strategica gli ha imposto di cambiare l’impegno preso contro Assad. Così, però, ha rafforzato l’asse sciita Iran-Siria-Hezbollah anti sunnita e l’Egitto ne soffre: è anche oltraggiato dalla determinazione con cui Kerry persegue il calo delle sanzioni all’Iran nonostante i mille dubbi, anche francesi, sull’arricchimento dell’uranio. Ieri Kerry in uno scatto di incontenibile passione ha detto al Senato americano che non deve credere a Israele e che le sanzioni devono essere mantenute. Così facendo, si gioca l’unico alleato sincero che abbia in Medioriente, e insiste spingendo il processo di pace solo sul tema degli insediamenti senza chiedere ai palestinesi di affrontare l’odio che anche due giorni fa ha portato all’ennesimo attacco terrorista che stavolta ha fatto a pezzi un ragazzo di diciotto anni che dormiva, per mano di un sedicenne di Jenin.

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